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Prodotti dell’alveare 2018-07-06T12:52:46+02:00

MIELE

Per miele si intende il prodotto alimentare che le api domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o che si trovano sulle stesse, che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare.

Come alimento il miele può essere visto come una fonte di zuccheri semplici e per questo è un cibo altamente energetico e dolcificante.
Il miele può essere UNIFLORALE possibile per quelle specie florali che sono presenti in grande abbondanza in zone sufficientemente estese o MILLEFIORI (multifiora o anche poliflora) quei prodotti che non possono essere definiti uniflorali poichè sono caratterizzati da una presenza botanica che prevale e che costituisce il nucleo del miele, ma che è accompagnata da una costante flora concomitante che ne costituisce la specificità, e nello stesso tempo non permette la denominazione uniflorale.

Piante diverse danno nettari diversi e di qui nasce la varietà del prodotto.
Altro materiale di partenza per la formazione del miele è la melata, in questo caso, è la linfa stessa delle piante, della quale si nutrono insetti quali gli afidi e le cocciniglie.

MIELE DI ACACIA | CASTAGNO | COLZA | ERBA MEDICA | MILLEFIORI | TARASSACO TIGLIO | MELATA DI METCALFA

MIELE DI ACACIA

foto acaciaLa robinia o acacia (Robinia Pseudoacacia L.), è una pianta a portamento arbustivo o arboreo, appartenente alla famiglia delle leguminose, che può raggiungere i 20 metri d’altezza.
Fu importata in Europa dal Nord America all’inizio del XVII secolo da Jean Robin, erborista del re Enrico IV di Francia, da cui prese il nome.
In Italia apparve alla fine del XVIII secolo, prima come pianta ornamentale, poi per rassodare i terreni e gli argini delle strade e delle ferrovie.
Il legno è buono da ardere.
In Italia la robinia è diffusa in tutte le regioni, ma quelle dove si produce miele in modo consistente sono il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, l’Emilia-Romagna, la Toscana, l’Abruzzo e la Campania.

Tra i diversi tipi di miele quello di robinia è senza dubbio il più estesamente conosciuto ed apprezzato in Italia.
E’ la qualità uniflorale più diffusa nei punti vendita della grande distribuzione; la produzione nazionale è largamente insufficiente a soddisfare le richieste e ogni anno ne vengono importati grandi quantitativi dai Paesi dell’Est Europeo e dalla Cina.
Alla base del suo successo sono le caratteristiche peculiari: colore chiaro, stato fisico liquido, odore e sapore leggeri e delicati.
Queste qualità non si trovano riunite in nessuna altra produzione nazionale e sono molto apprezzate da chi si nutre di miele.
La caratteristica principale di questo tipo di miele risiede nell’alto contenuto in fruttosio, che è alla base della scarsa tendenza a cristallizzare e dell’elevato potere dolcificante.
Dal punto di vista della composizione è inoltre caratterizzato dal basso contenuto in sali minerali, in enzimi e in acidità.

Caratteristiche organolettiche

Il miele di robinia si presenta generalmente liquido; può eventualmente presentarsi torbido per la formazione di cristalli, senza tuttavia raggiungere mai una cristallizzazione completa.
Il colore è sempre molto chiaro, da quasi incolore a paglierino.

Alcune parole o espressioni usate per descrivere l’odore:
floreale fine, generico di miele, di cera nuova, leggermente fruttato, di carta, di fiori di robinia….
Il sapore è decisamente dolce,con leggerissima acidità.
L’aroma è molto delicato, poco persistente e privo di retrogusto.

Alcune parole o espressioni usate per descrivere l’aroma:
vanigliato, confettato, di mandorla dolce sbucciata…
La consistenza varia a seconda del contenuto d’acqua.


MIELE DI CASTAGNO

fiore castagnoE’ rappresentato da una sola specie, (Castanea sativa) ed è una pianta che può raggiungere i 30 metri di altezza, formando grandi foreste sulle alpi e sugli Appennini.
Il castagneto da frutto rappresenta una vera e propria coltivazione agricola per la cura costante che comporta da parte del proprietario. Oggi però la castanicoltura è in netto regresso, sia perché è venuta meno la sua importanza di nutrimento povero per le popolazioni montanare, sia per la comparsa di due funghi parassiti: il cancro del castagno e il mal dell’inchiostro. Questi due fenomeni hanno portato alla rinaturalizzazione di molti castagneti da frutto, con la formazione di un bosco misto di maggior valore naturalistico.
Molto diffuso è stato anche il governo a ceduo per ricavare pali per l’agricoltura, ma in molti casi questi cedui hanno subito un abbandono e iniziato a evolversi verso una formazione a fustaia mista con altre latifoglie.
Il castagno fiorisce tra giugno e luglio.

Caratteristiche organolettiche

Il miele di castagno tende a rimanere liquido, a causa della forte componente di fruttosio. L’eventuale cristallizzazione è molto lenta, non sempre regolare.
Il colore è ambrato scuro, con tonalità rossiccio-verdastre nel miele liquido; se cristallizzato, assume un colore marrone. Sia l’odore che l’aroma sono intensi, è poco dolce, amaro, molto persistente.

Alcune parole o espressioni usate per descrivere l’odore:
aromatico, pungente,acre, verde, vegetale/erbaceo, di legno, di tannino, fenolico, amaro, di ceci lessati, di cartone bagnato, di sapone di Marsiglia

Alcune parole o espressioni usate per descrivere il gusto/aroma:
simile all’odore

Variazioni sul tema: il castagno si presenta spesso, misto a tiglio (in questo caso viene familiarmente chiamato “castiglio”), a causa della sovrapposizione delle fioriture. Prende allora una nota medicinale, mentolata. Se misto a melata, il colore è più scuro, il sapore meno amaro rispetto a quando è totalmente di nettare.
Il miele di castagno è una delle principali produzioni nazionali, ma ha fatto fatica ad affermarsi nei gusti di chi acquista il miele, sia per il colore scuro, sia per l’aroma forte e amaro. Solo dagli anni ’80 ha cominciato ad avere un suo mercato. Prima molti apicoltori praticavano addirittura una transumanza “di fuga” per evitare di produrlo.
E’oggi uno dei mieli più utilizzati in cucina e in abbinamento con formaggi soprattutto stagionati (pecorini, caprini), ma anche con ricotta.


MIELE DI COLZA

fiore colzaLe origini della colza (Brassica napus oleifera della famiglia delle crucifere) sono incerte (ma probabilmente è originaria dell’ Europa temperata); oggi è coltivata soprattutto in Cina, India, Canada ed Europa Centrale.
In Italia è presente ovunque, ma soprattutto al centro-nord, e la superficie di volta in volta coltivata varia in funzione delle politiche comunitarie.
E’ coltivata come foraggera da erbaio e per la produzione di granella: il seme contiene in media il 45% di olio, che contiene sempre dal 4 al 10 % di acido linoleico, uno degli acidi grassi essenziali che appartiene al gruppo degli Omega 6.
In Italia l’olio di colza viene prodotto soprattutto a scopo industriale, come ingrediente per la produzione di biodiesel. Il biodiesel prodotto in Europa proviene per tre quarti da colza e per un quinto da girasole.
Nell’Italia settentrionale la semina viene fatta in settembre; al Sud fino a novembre.
La fioritura primaverile inizia ad aprile e po’ durare per tutto maggio.
Il miele di colza, molto diffuso in altri paesi europei, in Italia è piuttosto raro.
La colza è particolarmente ricca di polline, quindi di proteine, e quindi, dal punto di vista delle api, ideale per l’allevamento di nuova covata.
Questa caratteristica, che stimola lo sviluppo degli alveari a primavera, è probabilmente la causa delle facili e incontrollabili sciamature, difficilmente paragonabili all’effetto di qualsiasi altro raccolto.
Per questo la colza viene usata più per riproduzione delle famiglie d’api che non per la produzione di miele.
Anche il fatto che il miele di colza cristallizzi molto velocemente, a volte già nel favo, e venga prodotto con un livello alto di umidità lo rende un miele non facile da gestire.
In compenso, la sua tendenza a cristallizzare formando cristalli finissimi lo rende adatto a “inseminare” (con piccolissime quantità) altri mieli per orientarne la cristallizzazione verso un miele cremoso.

Caratteristiche organolettiche

Colore ambra chiaro quando è liquido, beige con tonalità grige quando è cristallizzato, odore e aroma di media intensità, leggermente acido, persistente in bocca, a volta con retrogusto; cristallizza rapidamente e finemente in una massa pastosa

Alcune parole o espressioni usate per descrivere l’odore:
sulfureo, di cavolo cotto, di crosta di formaggio fermentato, di cipolla cotta, di crauti, vegetale, di verza, di rapa, di paglia fermentata, di gorgonzola, di brie

Alcune parole o espressioni usate per descrivere il gusto/aroma:
le stesse usate per l’odore ma in un insieme più gradevole
Per il suo sapore “vegetale”, il miele di colza può dare un tocco sorprendente a preparazioni di cucina salate.


ERBA MEDICA

L’erba medica (Medicago sativa, della famiglia delle leguminose), è una delle piante piu’ antiche della famiglia delle leguminose. Si ritiene che sia originaria delle regioni dell’Asia occidentale, quali la Media (donde il nome) e la Persia, caratterizzate da un clima continentale con primavere tardive ed estati molto calde e brevi. Con i nomadi delle steppe migrò verso la Cina, il Nord Africa e l’Europa. Venne introdotta in Grecia dai persiani nel 492-490 a.C. In Italia giunse tra il 200 ed il 150 a.C. Nel Nord Italia Italia viene chiamata anche “erba Spagna”, poiché è dalla Spagna che la leguminosa venne reintrodotta nel XV secolo. Il suo nome arabo, “alfa-alfa”, significa invece “padre di tutti i cibi”.

E’ una pianta perenne, cresce facilmente in ogni tipo di terreno, e quasi sotto ogni clima, ma sono condizioni calde ed umide che garantiscono i migliori raccolti di miele. Poichè raramente si realizzano, le produzioni di miele di erba medica sono di anno in anno oscillanti.
Caratteristico è il meccanismo di “scatto” con cui il fiore su apre, per permettere l’impollinazione incrociata, al contatto con le api, “schiaffeggiandole” o imprigionandole: un meccanismo che dopo alcune esperienze le api imparano a evitare operando di lato e in velocità.
Fiorisce da maggio a settembre, ma rende solo quando viene fatta fiorire completamente per la produzione del seme.

Caratteristiche organolettiche

Cristallizza spontaneamente a pochi mesi dal raccolto, il colore è da ambra a ambra chiaro nel miele liquido, da beige chiaro a nocciola quando cristallizzato. L’odore e l’aroma sono di media intensità, così la persistenza. E’ un miele con una notevole acidità.

Alcune parole o espressioni usate per descrivere l’odore:
vegetale, di erba bagnata e di fieno appena tagliato, pungente, di cantina, di fermenti lattici, di cera d’api fusa.

Alcune parole o espressioni usate per descrivere il gusto/aroma:
di latte cotto, di mosto d’uva, vegetale, di vino nuovo, di cera d’api fusa.

L’umidità è spesso appena inferiore al 18% ed è quindi comune trovare partite che, conservate a lungo, presentano un inizio di fermentazione.

PROPOLI

La propoli è una resina prodotta dalle piante e che le api utilizzano all’interno dell’alveare. Molto della propoli dei nostri alveari deriva dalla resina che ricopre le gemme del pioppo, ma le api possono utilizzare molte altre resine e gomme vegetali (per esempio di conifere, betulla, ippocastano).

Con la propoli le api stuccano tutte le fessure, compresi gli interstizi tra le parti mobili dell’alveare. Ne ricoprono le superfici interne dell’alveare, trattando allo stesso modo anche gli eventuali corpi estranei che non possono essere altrimenti eliminati.

La propoli viene usato soprattutto per le sue attività antibatteriche, antimicotiche, anestetiche, cicatrizzanti.

POLLINE

Le api, in particolare, sui fiori da loro frequentati trovano nettare, fonte di sostanze zuccherine, e polline, ricco di sostanze indispensabili all’accrescimento. All’interno dell’alveare la maggior parte del polline raccolto viene consumato dalle giovani operaie. Il polline viene raccolto grazie ad attrezzi particolari dei quali le api operaie sono dotate. Grazie alla peluria che le ricopre e a spazzole di peli rigidi che hanno sulle zampe, le operaie sono in grado di recuperare la polvere di polline che le ha ricoperte durante il lavoro e di ridurla in “palline” che poi accumulano e trasportano nelle “cestella del polline”, costituite da lunghe setole arcuate situate nelle zampe.

I pollini di diverse piante differiscono notevolmente per composizione e quindi per valore nutritivo. Tutti i pollini contengono le diverse classi di sostanze alimentari (protidi, glucidi, lipidi, sali minerali, vitamine) in proporzione tale da soddisfare le necessità delle api. Il polline è consigliabile soprattutto come alimento ricostituente.
Il rischio di reazioni gravi in occasione dell’assunzione per via orale di pollini allergizzanti è tale da sconsigliarne l’uso alle persone allergiche.

CERA

La cera viene prodotta da ghiandole ciripare localizzate nella pane ventrale dell’addome delle api operaie. Appena secreta si presenta sotto forma di minuscole scagliette incolori. Le operaie costruttrici provvedono a plasmare con le mandibole il materiale per arrivare alla forma voluta.
La cera è un materiale dalle caratteristiche ideali per l’uso che deve fare: è solida ma diventa malleabile e plasmabile a temperatura attorno a 35°C (per poi fondere completamente a 62-65°C).

Soprattutto in campo cosmetico e dermatologico l’impiego della cera d’api è largamente diffuso. Basti pensare al “cerato di Galeno”, un’antichissima formula di pomata protettiva per la pelle a base di cera d’api e acqua di rose, ancora oggi riportata in farmacopee internazionali.

PAPPA REALE

La Pappa Reale è prodotta esclusivamente dalle api nutrici, in età compresa tra il 5° ed il 14° giorno dalla loro nascita, come secrezione delle GHIANDOLE IPOFARINGEE e MANDIBOLARI, e costituisce il nutrimento di tutte le larve d’ape durante i primi tre giorni di vita.
La nutrizione con pappa reale costituisce il fattore determinante della trasformazione di una larva di ape operaia in “ape regina”.
E’ un cocktail di bio-catalizzatori contenuti in una miscela di componenti biologici ordinari:
si tratta di un insieme LIPIDO-GLUCIDO-PROTEICO.

VELENO

ll veleno d’ape è secreto da specifiche ghiandole delle api di sesso femminile: le operaie, allo scopo di difendere l’alveare eliminando eventuali aggressori, e la regina, per uccidere le rivali. I fuchi non producono veleno. Quando un’ape punge un essere umano, il pungiglione rimane uncinato nella pelle e l’ape muore, perché nel tentativo di staccarsi si strappa gli intestini.

Il veleno d’ape può essere utilizzato stimolando in modo programmato un’ape a pungere in un punto preciso del corpo. Il veleno d’ape contiene soprattutto peptidi ed enzimi, ed ha proprietà antinfiammatorie, neurotossiche del sistema nervoso centrale, antipiretiche, analgesiche, cardiotoniche, anticoagulanti, regolatrici della pressione sanguigna. Il suo campo d’applicazione spazia dalle malattie cardiovascolari,a quelle del sistema muscolo-scheletrico, del sistema endocrino, del sistema nervoso e anche in oftalmologia, dermatologia, ginecologia, immunologia e virologia.
La maggior parte di questi trattamenti avviene per artriti e infiammazioni reumatiche.
La somministrazione del veleno può avvenire in diversi modi: direttamente con delle api vive, con delle iniezioni sottocutanee, per elettroforesi, con unguenti, inalazioni o pastiglie.